- 19 Marzo 2022
- Postato da: Federico Cinus
- Categoria: Senza categoria
Il tessuto imprenditoriale italiano è caratterizzato da tantissime piccole e medie imprese, molte delle quali si trovano ad affrontare il tema della salvaguardia della continuità aziendale, spesso indicato come passaggio generazionale.
Il coinvolgimento delle nuove generazioni nelle imprese di famiglia è senza dubbio una delle fasi più delicate che l’imprenditore è tenuto ad affrontare nella vita di un’attività economica, anche alla luce del fatto che il fenomeno delle famiglie allargate (con figli nati nel primo e nel secondo – terzo matrimonio), può rendere ancora più complessa la trasmissione dell’azienda e della governance. Il problema vero e proprio, poi, è che non sempre i discendenti riescono a portare avanti l’idea del capostipite, tanto che in seconda generazione arriva solo il 50% di queste aziende e meno del 15% alla terza generazione.
Un modo per superare questo ostacolo è rappresentato dal patto di famiglia, istituito dalla Legge n. 55/2006, con la quale il legislatore italiano ha apportato una vistosa deroga al divieto dei patti successori. Con il patto di famiglia, l’imprenditore e il titolare di quote o azioni societarie trasferiscono rispettivamente, in tutto o in parte, l’azienda e le partecipazioni a uno o più discendenti.
Questo istituto serve, quindi, ad assicurare continuità nella gestione delle imprese, perché permette l’individuazione di uno o più discendenti (figli, nipoti) dell’imprenditore ritenuti idonei alla gestione; il trasferimento a esso/essi dell’azienda o delle partecipazioni (quando l’impresa è svolta attraverso una struttura societaria) e la liquidazione dei diritti economici dei legittimari ai quali non viene assegnata l’azienda o non vengono assegnate le partecipazioni.
Il patto di famiglia sconta una imposizione di favore relativamente alle imposte indirette, ed in particolare con riguardo all’imposta sulle successioni e donazioni . Non sono soggetti ad imposta di donazione né di successione, anche se realizzati attraverso patti di famiglia, i trasferimenti:
• d’azienda o di rami d’azienda;
• di quote sociali;
• di azioni.
Le condizioni per l’esenzione sono:
• il destinatario del trasferimento sia un discendente del disponente;
• se oggetto del trasferimento sono partecipazioni in società di capitali, detto trasferimento deve consentire al beneficiario di acquisire o integrare il “controllo” della società ai sensi dell’articolo 2359, primo comma n 1 del codice civile ricordando che tale disposizione definisce la nozione di controllo di diritto che si realizza quando un soggetto ‘dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria‘ di una società, ossia detiene più del 50 per cento delle quote o azioni della società, con diritto di voto nell’assemblea ordinaria;
• i beneficiari del trasferimento proseguano l’esercizio dell’impresa o detengano il controllo della società le cui quote sono state trasferite per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento.
Il predetto trattamento agevolativo spetta, quindi, esclusivamente ai beneficiari sempreché rendano, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione di proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo dell’attività d’impresa.
Il mancato rispetto dell’impegno assunto in tal senso comporta la decadenza dall’agevolazione concessa e il conseguente recupero dell’imposta dovuta, nonché l’applicazione delle relative sanzioni e degli interessi.
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