Piano di accumulo (PAC), alla fine la soluzione di investimento migliore

Il Piano di accumulo del capitale, altresì noto come PAC rappresenta una delle forme di investimento più semplici ed al tempo stesso efficaci che ogni investitore può portare avanti se lo scopo è quello di accumulare gradualmente e nel lungo periodo pochi o tanti risparmi. Previdenza, investimento, spese future sono innumerevoli le finalità che possono rendere giustificato e di buon senso l’avvio di un piano di accumulo dei risparmi, ma fin da subito bisogna chiarire che questa è la soluzione che trova il giusto compromesso tra rischio e rendimento, non quella che permette di ottenere i ritorni migliori ed ora ve lo spiegherò con degli esempi concreti.

I consulenti finanziari tendono ad utilizzare lo strumento del PAC con simulazioni sempre favorevoli a questa pratica, ovvero con orizzonti temporali molto lunghi, ma soprattutto con contesti di mercato discendenti o laterali. Provate a chiedere una simulazione di un PAC in un mercato che nel lungo periodo cresce (tipo la borsa americana) e l’imbarazzo del consulente sarà evidente.

Ma andiamo con ordine. Il PAC nasce con l’intento di permettere a chi ha poche disponibilità di risparmio di investire comunque sui mercati finanziari con piccoli versamenti periodici (mensili, bimensili,trimestrali, ecc…). Questa pratica ha il grande vantaggio di mettere da parte la soggettività del momento di entrata sul mercato (market timing) e nello stesso tempo di evitare il cosiddetto buy and hold tramite una costante opera di mediazione del prezzo, al rialzo o al ribasso.
Come dicevo prima tutti i consulenti finanziari vi diranno che il PAC è lo strumento che garantisce sempre il miglior rendimento nel lungo periodo, affermazione sbagliata e ve la dimostro con i numeri (poi se non vi fidate visitate il sito della banca americana WellsFargo e fate una simulazione , avrete lo stesso risultato).
Ho voluto fare un test prendendo gli indici total return (quindi rappresentativi dei movimenti di prezzo a cui si somma il reinvestimento dei dividendi) di tre mercati azionari, lo S&P500, il MSCI Euro e il MSCI Emerging Market. Ho simulato l’acquisto una tantum di una certa somma di capitale sui livelli di gennaio 2000 (al top della bolla speculativa di internet) e l’ho contrapposto ad una simulazione di Piano di Accumulo ripartito tra tante mensilità quante sono quelle che separano il 2000 dalla data finale della simulazione (novembre 2014, ma anche 2005 e 2010).
Ecco i risultati.

Ho preso il picco dei mercati del 2000 proprio per fare l’esempio di un risparmiatore rimasto “impiccato” ad acquisti avvenuti a quelle che, a distanza di qualche anno, molti analisti giudicarono quotazioni folli (perché non lo erano a fine 1999 resta un mistero!). A distanza di 14 anni chi ha investito nella borsa americana ha praticamente raddoppiato il capitale e qui sta la prima sorpresa, Pac o investimento secco il ritorno è stato lo stesso (con una precisazione di cui parliamo fra un po’).

Andiamo avanti; il PAC si rivela vincente per l’investitore europeo che con questo strumento guadagna quasi il 50%, il doppio dell’investimento unico. Il PAC si rivela perdente invece per l’investitore nei mercati emergenti dove addirittura il guadagno è nettamente più basso rispetto all’investimento una tantum a gennaio 2000.

Quindi il Piano di Accumulo è da gettare? Assolutamente no e vediamo perché. Intanto potrei non avere le somme disponibili e quindi è l’unico mezzo per arrivare al fine che mi sono prefissato. Ma anche all’investitore con disponibilità finanziarie elevate potrebbero fischiare le orecchie se gli dicessi che la liquidità americana ha reso oltre il 41% nello stesso arco temporale (2,35% annuo) e quella obbligazionaria il 138% (6% annuo prendendo un classico Global Aggregate Bond). Se invece di buttarsi a capofitto nell’avventura azionaria avesse gradualmente spostato risorse da fondi monetari/obbligazionari ad azionari tramite piano di accumulo, il guadagno sarebbe stato ampiamente superiore al 99% del classico PAC poiché nel frattempo la parte di investimento a reddito fisso avrebbe prodotto un rendimento addizionale.

Ecco una prima soluzione utile per coloro che sono indecisi su cosa fare in momenti di mercato come quelli attuali in cui l’equity appare decisamente caro e si teme di rimanere “impiccati” per anni ai mercati azionari. Ma torniamo ai nostri numeri. Ho fatto altre due simulazioni a distanza di 5 anni dallo scoppio della bolla internet e a distanza di 10 anni; questi archi temporali hanno in mezzo due feroci bear market sulla borsa americana che hanno fatto scendere gli indici di oltre il 50% e perciò sono un buon test. Cosa notate del PAC? Che non va mai in negativo.

Tutta questa lunga spiegazione per chiarire una volta per tutte che il PAC non è il Sacro Graal dell’investitore, ma è la soluzione che consente di ridurre il rischio di perdite nel lungo periodo. Più rischio, più possibilità di rendimenti elevati ed è per questo che il PAC risulterà sempre perdente in fasi di mercato dove si assiste a crescite molto forti delle quotazioni. Questo lo abbiamo visto per la borsa americana dove la tendenza recente al rialzo è molto forte che sulle borse emergenti dove la stessa forte tendenza si è registrata ad inizio anni ’90. Il PAC continuerà a farvi comprare quote a prezzi più alti e distanti da quello iniziale una tantum e questo allargherà il differenziale tra prezzi di carico. L’Europa è invece un mercato imballato da tempo con continui saliscendi, lo scenario ideale, assieme a quello di una costante discesa nei prezzi, per vedere l’investimento in PAC sovraperformare di diversi punti percentuali quello una tantum.

Nessuno conosce il futuro e non sappiamo dove si dirigeranno i mercati azionari nel prossimo lustro. Perché giocare a dadi con i nostri risparmi, quando esiste uno strumento che comunque ci fa raggiungere l’obiettivo di crescita del capitale, ma con meno rischi?

Fonte: www.investireconbuonsenso.com

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